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SONO IN GRADO DI ESSERE UN BUON PADRE?
Di Daddy (del 26/11/2007 @ 16:22:31, in Riflessione, linkato 4177 volte)
Non sono né un filosofo né uno psicologo.
Sono però senza dubbio un pensatore, come altri.
Pensatore non inteso come parte di un’ elite ma come colui che nel marasma quotidiano si fa domande.
E difficilmente riesco a darmi risposte.
Questo blog nasce per ovvi motivi, si schiera apertamente non a favore dei padri ma contro le ingiustizie che spesso subiscono.
In ultima analisi pensiamo di essere un sito A FAVORE DEI BAMBINI.
Si può veramente pensare nel 2007 che un bimbo abbia bisogno solo della mamma?
Io credo che questa sia una falsa convinzione di molte mamme
che hanno un rancore assoluto nei confronti del padre del bambino.
Si, falsa, perché non credo possibile sia autentica.
Delle problematiche post separazione ne è pieno il blog e ne è pieno il mondo.
Mi vorrei soffermare sul percorso e sugli incastri psicologici sui quali invece
spesso si gioca in maniera vigliacca e indegna.
Comincio a credere che sia insito nell’ animo umano giocare coscientemente o meno sulle debolezze altrui.
Confronti quotidiani anche con padri che apparentemente non hanno grandi problemi di coppia o che non sono separati mi portano a pensare che i comportamenti materni siano spesso simili.
Si cerca di insinuare nel papà il dubbio sulla propria capacità di essere padri.
Frasi del tipo “l’ hai coperto troppo ecco perché si è ammalato”
Oppure “chissà che gli hai dato da mangiare ecco perché ha vomitato” o “lo zucchero non gli piace, ancora non lo sai?” ma di esempi banali ne potrei fare un milione sono, a mio avviso, mirate a esternare in maniera implicita ma (altrettanto) inequivocabile un diritto di proprietà.
Mi spiego meglio: siamo sicuri che il proprietario di una casa la conosca meglio di un affittuario che ci abita?
Forse l’ esempio è un po’ forte ma è solo per rendere l’ idea.
Si vuole rendere insicuro il papà che nel 90% dei casi dopo un periodo costante di frasi come quelle sopra citate si comincerà a chiedere in maniera più o meno cosciente se non sia vero quanto sottinteso dalla mamma del bambino.
Il papà è condannato a vivere nel dubbio chiedendosi in continuazione se è o meno un buon padre o almeno se sia in grado di esserlo.
Una mamma è assiomaticamente una buona mamma per il solo fatto di averlo partorito.
Lei sa inequivocabilmente i gusti, le voglie, le sensazioni, cosa è meglio o peggio per il proprio figlio.
Perché l’ ha partorito.
Io credo che tutto questo derivi da un’ educazione o cultura prettamente cattolica e di fatto matriarcale come la nostra.
Fondamentalmente anche i papà sono convinti che una mamma ne sappia sempre più di loro.
L’ unione dei nove mesi in cui il bimbo è in simbiosi con la mamma, in cui sono un UNO è evidente ed incontestabile.
Una volta nato il bimbo, gli individui si separano e non sono più un UNO ma anche fisicamente sono due.
Perché le mamme ed i papà non accettano che da quel momento in poi si è UGUALI nei confronti del figlio?
Troppe volte cerchiamo anche inconsapevolmente delle risposte dalle mamme dei nostri figli pensando che è proprio lì che risiede la verità.
La verità non esiste, la verità è negli occhi dei nostri figli, nell’ amore e nella ricerca che loro hanno per e di noi.
Nei loro occhi dobbiamo cercare la risposta alla domanda “SONO IN GRADO DI ESSERE UN BUON PADRE?”